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Indagine Fp Cgil ricercatori lucani nella sanità, al Crob 60% in meno

Il Governo dimentica nuovamente i precari della Ricerca Sanitaria: il Milleproroghe 2023, appena convertito in Legge, non prevede alcuna possibilità di stabilizzazione per il cosiddetto personale della “piramide della ricerca”. E’ da tempo che la Fp Cgil è mobilitata per dare sostegno all’iniziativa Ricerchiamo Stabilmenteenel corso di questi ultimi anni ha organizzato numerose iniziative di comunicazione e rivendicazione: dalla consegna di oltre diecimila firme al Presidente della Camera, alla presentazione di iniziative legislative di modifica della legge 205/2017, fino all’organizzazione di una partecipata manifestazione di protesta sotto il Ministero della Salute nel giugno 2022. Dopo l’incontro avevamo ottenuto l’impegno ad inserire in legge finanziaria una norma che consentisse l’assunzione a tempo indeterminato del personale storico della cosiddetta “piramide della ricerca”, mala caduta del governo ha comportato anche quella degli impegni assunti.

Con l’intento di proseguire nell’importante rivendicazione, la Fp Cgil ha organizzato una raccolta dati fra il personale precario della ricerca di IRCCS e IZS pubblici, finalizzata ad evidenziare concretamente lo stato della Ricerca Sanitaria pubblica. La risposta dei ricercatori coinvolti è stata straordinaria:sono stati infatti circa 1300 i questionari compilati in pochissimi giorni a fronte di una potenziale platea di circa 1600 lavoratori. A partecipare anche il personale in servizio all’Irccs Crob, unico Istituto di Ricerca lucano, che sta scontando una grave emorragia di unità: dopo anni di precariato, i ricercatoridanno le dimissioni, anche per un contratto a tempo determinato, alla ricerca di una stabilità lavorativa maggiore. Un dato: dalla compilazione dei questionari nel mese di febbraio a oggi il Crob ha perso un altro ricercatore. I numeri sono davvero allarmanti: dei 19 ricercatori entrati in piramide in prima e seconda istanza, sono andati via in questi anni ben 11 unità, ossia il 60% del personale storico. Le conseguenze di ciò sono facilmente immaginabile per un settore importante e strategico come dovrebbe essere quello della ricerca sanitaria. Attualmente il Centro di riferimento oncologico lucano ha in servizio 16 ricercatori e 9 unità di supporto: dei 16 ricercatori 8 sono entrati nel 2022 con concorso, mentre per il personale di supporto 3 sono quelli arrivati lo scorso anno in seguito a un concorso.

I dati forniti dal censimento della Fp Cgil fotografano un quadro che seppur noto, irrompe in tutta la sua desolazione: il lavoro in ricerca sanitaria pubblica si fonda prevalentemente sul precariato, un precariato prevalentemente “al femminile” essendo formato all’80% da donne, e con una durata media degli anni di precarietà di 13,3 anni, con un range da 6 a 39 anni. Si arriva quindi fino a 36 anni con contratti atipici senza alcuna tutela, e solo gli ultimi 3 a tempo determinato, dopo l’istituzione della “piramide”. L’età media è di 42,86 anni con punte fino a oltre 65 anni. Si tratta di dati preoccupanti, da cui emerge chiara la condizione di precarizzazione sistematica adottata per decenni nei confronti di una particolare categoria di lavoratori della sanità pubblica. Dalla nostra indagine emerge in modo inequivocabile che non è più accettabile prorogare questa situazione di precariato, che da anni continua a violare le norme in materia di reiterazione di contratti a termine. Condizione inaccettabile in un paese civile. Senza contare che in questo modo non si riuscirà a mettere un freno alla fuga delle nostre risorse dalla sanità pubblica al privato o all’estero. Fuga che per quanto riguarda i ricercatori della “Piramide” ha già assunto le dimensioni di una pericolosa emorragia (oltre il 25% in meno in soli due anni; in Basilicata, ribadiamo, il 60%). La ricerca è il fiore all’occhiello della sanità pubblica e come abbiamo ribadito altre volte si tratta di un fiore fragile che si basa sul lavoro precario di ricercatrici, ricercatori e collaboratori di ricerca a cui ora occorre dare una risposta concreta. Nonostante la carenza delle risorse disponibili, la scarsa valorizzazione dei lavoratori, la mancanza di prospettive e gli impegni dovuti alla necessità di svolgere anche attività assistenziali, questi lavoratori contribuiscono in modo sostanziale all’attività complessiva di IRCCS e IZS, in virtù della loro produzione scientifica e innovazione biomedica. Nel nostro paese non vi è giorno che i cittadini italiani riconoscono e apprezzano il valore della ricerca sanitaria in Italia e lo dimostrano sia con le scelte del 5 per mille sia con la grande generosità nel sostegno alle attività delle associazioni che sostengono finanziariamente la ricerca scientifica e sanitaria anche alla luce del ridotto (e comunque non in linea con il resto dei Paesi OCSE) investimento da parte dello Stato. Analoga sensibilità, tuttavia, pare non esserci da parte dei nostri governanti che, in tutti questi anni, non sono riusciti a dare una risposta concreta ai lavoratori della ricerca sanitaria pubblica, la cui missione è migliorare le possibilità diagnostiche e terapeutiche del SSN.

La salute è un diritto fondamentale dell’individuo e la stabilità del lavoro del personale della ricerca sanitaria pubblica è a garanzia di questo diritto. Riteniamo che non possa essere precario il lavoro di chi tutela un diritto fondamentale.

Per questo ancora una volta e con forza ribadiamo: Ricercare Stabilmente Subito.

Potenza, 1 marzo 2023

FP CGIL DI POTENZA

Giuliana Pia SCARANO

Sandra GUGLIELMI